"Negli ultimi anni della sua vita, Bruno Munari pensava quasi esclusivamente ai bambini. «Il futuro sono loro», ripeteva sempre. E condivideva con Piaget la convinzione che è nei primi anni di vita che si forma in ogni individuo l’intelligenza delle cose." All'interno del Palazzo dell'Arte, sede della Triennale di Milano, inizia con queste parole il percorso della mostra "Quali cose siamo". Dunque, confusi casualmente, vi sono molti oggetti legati all'infanzia che i visitatori più piccoli possono individuare con l'aiuto di Frisello, un coetaneo di fantasia che, visitando il museo, ha perduto la sua pallina rossa.
Lungo il percorso a ferro di cavallo, appoggiati su otto spaziose pedane, troviamo centinaia di oggetti di un passato recente; alcuni di dimensioni fuori misura, come la copia in gesso del David di Michelangelo; altri, piccoli, in mostra all'interno di teche trasparenti. Un viaggio nella memoria di una modernità colorata, che accosta arte e oggetti comuni: il corpetto disegnato da Dolce e Gabbana per Madonna, la lampada Anemone di Paolo Ulian composta di biro, uno storico barattolo della Cirio degli inizi del novecento, un grande leone meccanico realizzato da Mario Taddei su disegno di Leonardo da Vinci, il bellissimo Micione, il gatto portaombrelli di Piero Fornasetti. Oggetti che ripercorrono il tempo, un viaggio tra design, arte e vita di tutti i giorni, un simbolo della creatività italiana. "Quali cose siamo" è un invito ad osservarli e riflettere sul ruolo che rivestono nella quotidianità.
In tutte quelle cose vediamo il passato - il nostro e quello degli altri; in alcune di esse c'è il riflesso del presente, in altre quello del futuro. Fermandoci ad osservarle, scopriamo idee, progetti e sogni di chi li ha ideate e intravediamo i momenti di vita delle persone che li hanno utilizzati.
("E' nell'uso che sta scritto il disegno delle cose". Silvana Annichiaro - Direttore Design Museum)
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