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venerdì 23 aprile 2010

Siamo tutti migranti


“Siamo tutti migranti. Stiamo permanentemente abbandonando una terra per trasferirci altrove” afferma Christina de Caldas Brito.
Ed è proprio così, il distacco è un’esperienza ineliminabile dalla vita umana: lungo il proprio percorso, ciascuno di noi deve scontrarsi con questa realtà e affrontarla, perché ogni cambiamento consiste nell’abbandonare una situazione nota, familiare e trovarsi in una nuova, diversa condizione.
Ogni mutamento, dal più grande al più piccolo, incide inevitabilmente sulla nostra persona, sul nostro essere. Siamo portati ad ogni passo, a confrontarci con noi stessi, ad adattarci a situazioni a volte non gradite e a trovare la forza di affrontarle ed accettarle, in alcuni casi, anche senza poterle comprendere.
Hesse sostiene: “La linea essenziale del nostro destino è fatta di queste esperienze che nessuno vede” perché avvengono all’interno, nel profondo del nostro animo e sono invisibili agli occhi della maggior parte delle persone ma si manifestano, di fatto, nella più profonda essenza. Le esperienze che viviamo ci determinano e ci modificano ed è proprio attraverso il distacco e il cambiamento che, a poco a poco, possiamo comprendere chi siamo veramente.
“Era….la prima crepa nei pilastri che avevano sorretto la mia vita infantile e che ogni uomo deve abbattere prima di diventare se stesso.” Ogni volta che quei pilastri vengono scalfiti ci sentiamo soli a dover affrontare il mondo, a dover trovare la nostra strada ed è come se una parte di noi stessi morisse assieme ad un ricordo smarrito, ad una persona cara scomparsa, ad un luogo abbandonato nell’oblio della memoria. “Assaggio la morte che ha un sapore amaro perché è nascita, angoscia e paura di un tremendo rinnovamento.”
Ed è in quei momenti che tutto ciò che prima ci pareva familiare viene percepito come qualcosa di estraneo, diverso e, per certi aspetti, ignoto. Si apre uno squarcio dentro di noi che spesso è difficile ricucire. Quando ad esempio ci allontaniamo dal nostro ambiente e partiamo per un viaggio, più o meno lungo, che modifica profondamente la nostra interiorità, la nostra visione delle cose, al momento del ritorno veniamo pervasi da una sensazione particolare, ci sentiamo estranei visitatori di quella che un tempo chiamavamo “casa”. Nulla è cambiato in quel luogo, ma tutto è cambiato dentro di noi. Non sempre è possibile ricucire quello strappo; come sostiene Christiana de Caldas Birto, però, “gli ostacoli possono trasformarsi in occasioni di crescita” perché è proprio quando ci sentiamo persi, estraniati dal mondo che ci circonda, che siamo spinti alla ricerca di noi stessi, troviamo, dentro di noi, nuove energie, una nuova forza che ci permette di ricostruire quella parte di cuore che temevamo di aver perso per sempre e, così, come nel viaggio secondo la visione di De Chirico, giungiamo “ad una probabile conquista…un nuovo arrivo e subito dopo una nuova partenza”. Non si finisce mai di ricercare la propria identità, di conoscere se stessi: c’è sempre qualcosa da scoprire nel profondo del nostro animo. Ed ecco che De Chirico ci ripropone il mito di Odisseo, che “ricerca se stesso attraverso la peregrinazione e la perdita di tutto, tranne che della memorie.”
Poiché è grazie al ricordo che ogni esperienza vissuta può essere sottratta all’oblio e valorizzata. I luoghi in cui ci siamo recati, le sensazioni e le emozioni vissute, i gesti e gli sguardi delle persone a noi più care che abbiamo perduto e appartengono al nostro passato, continuano a vivere nella nostra memoria ogni volta che vengono ricordati.

Nulla è perduto, ogni istante vissuto ci ha modificati e, per questo motivo, vive con noi, in noi, in ogni nostro gesto e in ogni nostra parola, ci accompagna in ogni viaggio, quando, pur sentendoci soli e persi, non possiamo rinunciare a quell’istinto di partire, di conoscere nuovi luoghi e nuove persone. Ed è così che, forse, siamo un po’ meno soli.


(autrice del post: "Diciannove")
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sabato 13 marzo 2010

Una Rete unica, libera e accessibile a tutti

"Un seul Internet, libre et accessible à tous."
Usa queste parole Reporters Sans Frontieres per sostenere la giornata mondiale contro la cyber censura; quest'anno RSF ha assegnato il primo “Premio Netizen” a  Change for Equality, consegnandolo ieri alla blogger iraniana Parvin Ardalan, una delle fondatrici del sito web.

Donna e giornalista, Parvin vive, scrive e lavora nel suo paese: "La mia vita è in Iran, e voglio fare qui la mia battaglia". Ieri, al momento della consegna del premio, lo ha dedicato a coloro che sono in carcere per aver lottato per la libertà di espressione nel suo paese.

Forse non ci sorprende sapere che tra i paesi in cui è apertamente violata la libertà di accesso a Internet ci sono l'Arabia Saudita, la Birmania, la Cina, la Corea del Nord, Cuba, l’Egitto, l’Iran, l’Uzbekistan, la Siria, la Tunisia, il Turkmenistan, il Vietnam, la Giordania, il Kazakhstan, l’Afghanistan e l’Iraq.

Ci meraviglia maggiormente invece scoprire che sono democratici molti dei paesi che cercano di limitare la libertà in Rete con l'appplicazione di leggi che vengono introdotte con l'intenzione dichiarata di proteggere qualcuno o da qualcuno.

Ancora una volta la Rete è lo specchio della vita e della società.

venerdì 8 gennaio 2010

Mettersi quando piaccia il feltro di traverso, per un sì, per un no, battersi o fare un verso!

Ogni giorno perdiamo una parte della nostra libertà e, se avete notato, c'è qualcuno che ogni giorno ce lo ricorda. Da tempo pensavo di dedicare qualche parola alla libertà, ma da dove cominciare? e come non cadere nella retorica? Il tema è difficile, considerando che filosofi e scrittori hanno dedicato all'argomento interi libri; tuttavia ci voglio provare, partendo dalla domanda: *Quando siamo liberi?*

Mi sono resa conto che, se è difficile definire quando siamo liberi, è più semplice descrivere quando non lo siamo. Dunque, parto da qui.

Non siamo liberi quando gli altri limitano le nostre azioni, quando si devono rispettare le regole di convivenza, quando siamo legati a qualcuno da un sentimento, quando non possiamo fare ciò che desideriamo,  quando abbiamo paura, quando non possiamo esprimerci, quando siamo salvaguardati, quando siamo prigionieri, quando incontriamo una barriera, quando erigiamo una barriera;  quando siamo preoccupati, innamorati, controllati,  ammalati,  vigilati,   gelosi, , protetti,  ciechi, quando la nostra libertà diventa il limite della libertà di chi ci sta accanto e quando la libertà di chi ci sta accanto diventa un limite alla nostra libertà.

Mi fermo per non tediarvi e lascio a qualche volontario e coraggioso commentatore la parte difficile del post, la risposta che non ho trovato.