giovedì 28 gennaio 2010

Tre parole per l'educazione: tradurre, interpretare, capire.

Quante volte accade che uno scambio di idee si trasformi in spunto di riflessione! Arrivano da un'interessante e-mail le parole che introducono un argomento di grande attualità: l'educazione.

«Per quanto riguarda me, come insegnante, non chiedo altro al mio mestiere che i "miei" ragazzi capiscano che quanto cerco di far leggere ha a che fare con la vita, è stimolo di riflessione, è qualcosa che ciascuno di noi prima o poi potrebbe pensare o provare, ma che qualcun altro ha saputo tradurre in parole, per aiutarci a interpretare il mondo e capire noi stessi».

Tradurre, interpretare, capire. Tre parole che rappresentano un cammino condiviso tra più persone - l'autore, l'interprete, il destinatario - rivelando il processo di mediazione tra il messaggio e chi lo riceve.


In un mondo che vive di comunicazione, notizie e informazione, non bisogna dimenticare che, specialmente per i giovani, tra i primi "mediatori" vi sono gli insegnanti. I giornali, la televisione, la Rete e quanto di nuovo la tecnologia propone, dovrebbero arrivare dopo la ricerca del giusto approccio alla "verità". Ciò è possibile cogliendo gli stimoli di riflessione suggeriti dagli "insegnanti-maestri" che rischiano nell'educare ad interpretare la realtà.

«Per natura, chi ama il bambino mette nel suo sacco, sulle spalle, quello che di meglio ha vissuto nella vita, quello che di meglio ha scelto nella vita. Ma, ad un certo punto, la natura dà al bambino, a chi era bambino, l'istinto di prendere il sacco e di metterselo davanti agli occhi (in greco si dice pro-bállo, da cui deriva l'italiano «problema»). Deve dunque diventare problema quello che ci hanno detto! Se non diventa problema, non diventerà mai maturo». (Don Luigi Giussani "Il rischio educativo")

(Un ringraziamento all'autrice della mail che ha consentito di pubblicare il suo pensiero come tema del post di oggi)

Vedi anche: Tre regole: equilibrio, semplicità, chiarezza.

martedì 26 gennaio 2010

L'inganno del *salva con nome*


Quante volte lo abbiamo fatto! con file, immagini, documenti, fotografie, video, lettere, etc.
Abbiamo pensato di salvarli e ci siamo sentiti organizzatori, classificatori, archivisti e, confessiamolo, anche un poco eroi: poi l'hardware ci ha tradito.

Chi non ha vissuto l'esperienza di un hard disk guasto, una chiavetta usb rubata  o un dvd segnato ed illeggibile?


La non materia e la materia fuse: le nostre preziosissime informazioni stanno proprio lì, salvate - da noi salvatori - su qualcosa che non funziona più, oppure su qualcosa che non abbiamo più. Ricordo un'intervista a Francis Ford Coppola che, sconsolato, raccontava di aver subito il furto del suo pc: non aveva fatto alcun back up, aveva perso il lavoro di anni. Più recentemente alcuni amici - regolarmente forniti  di numerosi hard disk esterni e masterizzatori -  raccontavano di aver "smarrito" alcuni documenti importanti, causa la pigrizia...

(Una mia professoressa diceva “metodo, occorre metodo”.)


Suggerimenti?

mercoledì 20 gennaio 2010

Unico punto fermo, l'incertezza


Ho terminato da poco la lettura del libro di Edgar Morin "I sette saperi necessari all'educazione del futuro", libro che consiglio per la limpidezza di pensiero ed esposizione. Nel capitolo "Affrontare le incertezze" Morin auspica una nuova conquista dell'intelligenza, "quella di potersi sbarazzare dell'illusione di predire il destino" e pone l'incertezza della conoscenza tra i presupposti fondamentali per l'educazione.
La nostra cultura ci spinge alla ricerca di conferme, misure, certezze e punti fermi, mentre l'imprevedibile e l'incerto sono i principali fattori di cambiamento. Le nostre azioni, al momento del contatto con l'ambiente e le persone, nell'intricato groviglio di interazioni possibili, sfuggono agli intenti di chi le compie: il loro significato può essere interpretato in modo diverso, il loro effetto può ottenere un risultato differente, se non opposto, rispetto a quello desiderato.
Morin lascia due consigli: la piena coscienza della scommessa, cioè dell'incertezza, che comporta prendere una decisione e la capacità di elaborare una strategia e di farla prevalere sulle azioni.

Una strada da percorrere, attraverso la società moderna, con un unico punto fermo, l'incertezza.


lunedì 18 gennaio 2010

Priorità per Haiti


MSF demands deployment of lifesaving medical equipment given priority.


(MSF cargo plane with full hospital and staff blocked from landing in Port-au-Prince, Haiti)

venerdì 15 gennaio 2010

"Come ogni cosa ignora Serena il disastro!" W. H. Auden


A volte capita di non trovare le parole, pur avendone lette ed ascoltate tante. Quelle che voglio proporvi per descrivere i sentimenti suscitati da quanto sta accadendo ad Haiti non le ho sentite in un servizio al telegiornale, né lette sulla Rete. Una poesia e un’immagine mi sono state suggerite ieri da una persona di cui non scrivo il nome, solo l’età: -diciotto-.







P. Bruegel, "La caduta di Icaro"


-Diciotto- sostiene che non sempre serve cercare le parole,
qualche volta sono loro a cercare noi.
E queste sono proprio le espressioni che non riuscivo a trovare.


 
"Musée Des Beaux Arts"
Dalla raccolta “Another Time” - W. H. Auden

About suffering they were never wrong,
The Old Masters: how well they understood
its human position; how it takes place
while someone else is eating or opening a wîndow or just walking dully along;

how, when the aged are reverently, passionately waiting
for the miraculous birth, there always must be
children who did not specially want it to happen, skating
on a pond at the edge of the wood:
they never forgot
that even the dreadful martyrdom must run its course
anyhow in a corner, some untidy spot
where the dogs go on with their doggy life and the torturer's horse
scratches its innocent behind on a tree.

In Brueghel's Icarus, for instance: how everything turns away
quite leisurely from the disaster; the ploughman may
have heard the splash, the forsaken cry,
but for him it was not an important failure; the sun shone
as it had to on the white legs disappearing into the green
water; and the expensive delicate ship that must have seen
something amazing, a boy falling out of the sky,
had somewhere to get to and sailed calmly on.

 
Traduzione di Nicola Gardini, ed Adelphi, ottobre 1997.

Sul dolore la sapevano lunga,
gli Antichi Maestri: quanto ne capivano bene
la posizione umana; come avvenga
mentre qualcun altro mangia o apre una finestra o se ne va a zonzo spensierato;

come, quando gli anziani aspettano riverenti, con fervore,
la miracolosa nascita, debba sempre esserci
qualche bambino che non l’avrebbe voluta e pattina
su un laghetto alle soglie del bosco:
non dimenticavano mai
che anche l’orrendo martirio deve compiere il suo corso
comunque in un angolo, in un sudicio luogo
dove i cani fanno la loro vita da cani e il cavallo del torturatore
si gratta l’innocente didietro contro un albero.

Nell’Icaro di Bruegel, per esempio: come ogni cosa ignora
Serena il disastro! L’aratore può
aver udito il tonfo, il grido desolato,
ma per lui non era una perdita grave; il sole splendeva
come doveva sulle bianche gambe inghiottite dalle verdi
acque; e la ricca ed elegante nave che doveva aver visto
una cosa incredibile, un ragazzo cadere dal cielo,
aveva una meta e via passava placida.

giovedì 14 gennaio 2010

Le immagini del dolore


Da Haiti arrivano sui nostri televisori e computer le immagini del dolore.

Le guardo e non riesco a capire se fanno parte del nostro mondo, lo stesso mondo dove Supervalutate l'usato ed Aprite un conto corrente colorato, dove la Internetchi e la Prepagata.
Un mondo dove il cielo è sempre più blu.

mercoledì 13 gennaio 2010

Dove è la verità sul Web?

Dopo aver letto ieri l’articolo di Gianni Riotta  Cara, vecchia internet vai sul sito http://www.verità/,  mi è rimasta una sgradevole sensazione che non sono ancora riuscita a cancellare. Mi spiego meglio: quello che Riotta ha scritto, appoggiandosi alle idee espresse nel libro di Jaron Lanier, egli avrebbe potuto farlo con i suoi pensieri, le sue idee, le sue parole.
“Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu”, scriveva Emerson nel 1849 ed è un suggerimento valido, oggi, per aggiungere idee alle idee, per migliorare la qualità dei contributi.

Per quanto possa valere nell’immensità del Web, nel merito penso che la novità sta nelle persone, così come in loro sta la libertà, l’educazione e la capacità di partecipare al mondo esterno e di condividere, parola tanto di moda! Penso anche che è inutile cercare la differenza tra il mondo reale e il Web: in entrambi è possibile operare apertamente o nell’anonimato, selvaggiamente o educatamente, in autonomia o al seguito di altri. E che è possibile dare il giusto valore ai pareri di persone semplici e di Premi Nobel, possono convivere! sia nel mondo reale che nel Web.

(il post di oggi è il commento che ho  lasciato stasera in Manteblog Il declino è una ipotesi)

venerdì 8 gennaio 2010

Mettersi quando piaccia il feltro di traverso, per un sì, per un no, battersi o fare un verso!

Ogni giorno perdiamo una parte della nostra libertà e, se avete notato, c'è qualcuno che ogni giorno ce lo ricorda. Da tempo pensavo di dedicare qualche parola alla libertà, ma da dove cominciare? e come non cadere nella retorica? Il tema è difficile, considerando che filosofi e scrittori hanno dedicato all'argomento interi libri; tuttavia ci voglio provare, partendo dalla domanda: *Quando siamo liberi?*

Mi sono resa conto che, se è difficile definire quando siamo liberi, è più semplice descrivere quando non lo siamo. Dunque, parto da qui.

Non siamo liberi quando gli altri limitano le nostre azioni, quando si devono rispettare le regole di convivenza, quando siamo legati a qualcuno da un sentimento, quando non possiamo fare ciò che desideriamo,  quando abbiamo paura, quando non possiamo esprimerci, quando siamo salvaguardati, quando siamo prigionieri, quando incontriamo una barriera, quando erigiamo una barriera;  quando siamo preoccupati, innamorati, controllati,  ammalati,  vigilati,   gelosi, , protetti,  ciechi, quando la nostra libertà diventa il limite della libertà di chi ci sta accanto e quando la libertà di chi ci sta accanto diventa un limite alla nostra libertà.

Mi fermo per non tediarvi e lascio a qualche volontario e coraggioso commentatore la parte difficile del post, la risposta che non ho trovato.


mercoledì 6 gennaio 2010

Mi sono sposata su Facebook

La nostra società e le sue regole sono cambiate? Si lascia la casa dei genitori ad una età diversa? Si attendono certezze per formare una famiglia? Si cerca lavoro lontano dalle persone che si amano? Supponiamo di aver risposto *sì* a queste domande, addentriamoci nel Social Network più diffuso e scopriamo che lì i giovani si sposano. Non hanno un lavoro, non una casa e relativo mutuo, non hanno figli e suoceri ma nella fotografia del profilo appaiono insieme: due nomi e un cognome.
Per un matrimonio su Facebook non sono previsti abiti da sposa e fiori, scambio di anelli e cerimonie, pranzi e liste nozze.  L'eventuale separazione è di semplice gestione: si blocca l'accesso all'ex affinchè non possa vedere le informazioni sulla nuova relazione.

Chi  pensa siano matrimoni virtuali è in errore!
dietro ogni coppia c'è una storia, una vita e tanti sogni.

martedì 5 gennaio 2010

Tanti autori per un post

Anche i blogger soffrono di  narcisismo! Se la mitologia greca ci presenta Narciso così attratto dalla bellezza della propria immagine fino a cadere ed annegare nell'acqua in cui si rispecchia, quella che in futuro sarà la mitologia internettiana immaginerà i blogger vagare eternamente nella blogosfera.
Mi spiego: ho notato che alcuni blogger, quando si avvicina il termine di un anno o l'inizio di uno nuovo, non resistono alla tentazione di fare un bilancino del proprio blog con relativa presentazione de "i 10 post migliori dell'anno".

Ciò che vi posso proporre io è uno dei post:  "Se dovesse capitare, spero ci sia qualcuno di buon cuore" : mi ha insegnato che ognuno di noi ha più dubbi che certezze, mi ha dato la possibilità di scambiare idee con altri, ha dato il via ad un lungo ragionamento fra coloro, per lo più sconosciuti, che hanno commentato nei giorni a seguire. Infine, mi ha fatto capire che i blogger non sono attori unici, nè primedonne. Stanno sul Web con i loro dubbi, spesso maggiori delle certezze.

domenica 3 gennaio 2010

"E ricordatevi di non copiare mai!"

Nel 1849 Ralph Waldo Emerson scriveva nei Diari, a proposito dell'argomento immortalità: "Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu".

Chissà come avrebbe commentato oggi, navigando in Rete, dove le citazioni si moltiplicano. Non mi riferisco a quelle famose: vengono riportati articoli, messaggi, post, video, brani di tesi di laurea, stralci di presentazioni, ecc. Persino nei blog di professionisti capita di leggere scritti di qualcun altro, presi in prestito e tradotti.
Se è difficile proporre un pensiero nuovo, pur non essendo tutti ottimi scrittori, è pur vero che qualche idea personale l'avremo. Per questo, mi torna alla memoria - e quanto aveva ragione! - la mia professoressa di italiano che, con il dito alzato e l'aria severa, ci diceva: "E ricordatevi di non copiare mai!"


venerdì 1 gennaio 2010

"Non c'è maggior premura...

...che quella di ringraziare", diceva sempre mia nonna.
Quindi oggi, primo giorno del nuovo anno, voglio dire grazie alla piccola *squadra* che un mese fa ha contribuito, in modi diversi, alla realizzazione del video di auguri che ho pubblicato su You Tube.
Voglio ringraziarli perchè ognuno di loro ha dato qualcosa di suo per trasmettere un messaggio - "in qualche modo, scomodo" -  che è arrivato ad oltre tremilaottocento persone in quattro settimane.

Perciò, dico grazie a Silvano per aver trovato il video converter che ha reso la qualità ottimale ai diversi filmati che avevo selezionato.
Un grazie speciale alla Signora G per le indicazioni che mi ha dato nella scelta degli argomenti da trattare ed a Rossana per i suggerimenti ricevuti nella ricerca dei video.
Grazie..ai  3.800 sconosciuti che hanno visto in queste settimane "Tanti auguri scomodi" e a Giulio, che ogni giorno, controllava quante persone lo guardavano.





Ultimo della lista, non certamente in ordine di importanza
grazie a Don Tonino Bello, dalla cui lettera di Natale, scritta molti anni fa con il linguaggio che arriva diretto al cuore delle persone, ho tratto le parole.