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venerdì 5 febbraio 2010

Il silenzio perduto


Il freddo e la neve, la luce gelida di oggi e le lunghe ore di questa serata, 
mi hanno riportato alla memoria il silenzio di Eluana.

Un silenzio, il cui senso interiore non abbiamo potuto conoscere,
che ha ci ha interrogati più di mille parole.







(senza commenti)
pheqof@gmail.com

domenica 30 agosto 2009

Vite da salvare

L'intervista di Enzo Jannacci, rilasciata nei giorni scorsi al quotidiano Avvenire, avrà destato meraviglia in molti dei suoi fans: in realtà egli ha spiegato, in modo più ampio e diretto, il suo pensiero e quanto aveva detto sul caso di Eluana, nell'intervista di febbraio al Corriere della Sera.
"Ci vorrebbe una carezza del Nazareno".
Qualcuno aveva intravisto nelle parole  dedicate ad Eluana, le sue idee di  medico, magari quelle di padre. Per me la sorpresa era stata grande, perchè il segnale che trasmettevano era molto chiaro; non mi ha meravigliato, quindi, leggere le sue dichiarazioni, questa settimana.
Dopo una vita di medico e cantautore, Enzo Jannacci ci ha trasmesso la sintesi del suo pensiero circa la vita, nel caso di Eluana come in quello degli emigranti: "Una vita va salvata sempre, prima la si accoglie e la si rianima e poi magari si gioca con il diritto internazionale per il rimpatrio. Come medico, io dico che la vita – passatemi l’espressione – è una condanna a morte: è inevitabile, sono stato per anni intorno ai letti della terapia intensiva e dei reparti di rianimazione per averne un’idea diversa, ma sempre come medico e come uomo dico anche che salvare una vita è come salvare il mondo."

sabato 28 febbraio 2009

Eluana: perchè non serve l'accusa di omicidio volontario


Ieri è stata resa pubblica la notizia che quattordici persone sono state iscritte nel registro degli indagati, con l'accusa di omicidio, per la morte di Eluana.

Credo sia un capitolo che nulla aggiungerà a questa vicenda.

Non ci sarà sentenza, nè di condanna nè di assoluzione, che assolverà o condannerà, o atto legale che riuscirà ad archiviare quanto accaduto.

Almeno fino a quando ricorderanno la tosse di Eluana.

(Dopo il trasferimento di Eluana alla Casa di Cura La Quiete di Udine, ho letto l'articolo che riporto di seguito)

Eluana. Quella tosse che squassa le coscienze
Mettiamoci nei suoi panni: un viaggio allucinato e allucinante. Di notte, su un’ambulanza, lui e lei da soli, costretti dallo spazio angusto a una vicinanza che non era mai avvenuta prima, per ore uno in compagnia dell’altro, muti in due silenzi diversi. Vicini, terribilmente vicini. Si sono incontrati così, Eluana e il dottor Amato De Monte, e lui ne è uscito “devastato”: per l’aspetto di Eluana – si è detto e ha fatto intuire lui stesso, ma senza spiegarsi mai troppo, lasciando vaghi i contorni della sua “devastazione” – o forse per qualcos’altro che in quel viaggio gli ha ingombrato l’anima come un fastidio sottile e insistente, che lui ha voluto scacciare ma ogni tanto ancora gli torna? Va, l’ambulanza, incrocia gocce di acqua e neve e i fari di altre vite viaggianti nella notte, ignare di quel carico di vita trasportato a morire, mentre Eluana dorme, perché questo fa di notte, da molti anni. Avrà vegliato, invece, il dottor De Monte, e quante volte avrà guardato quel sonno forse un po’ agitato dalla mancanza di un letto, sempre lo stesso da quindici anni, del tepore di una stanza, dei rumori e degli odori sempre uguali e rassicuranti, della carezza frequente di una suora? Poi è arrivata l’alba e un cancello si è inghiottito Eluana, nessuno l’ha più vista se non i volontari e il medico, ancora lui, taciturno con i giornalisti, scuro in volto, sempre frettoloso, anche la sera quando si allontana pedalando sulla bicicletta per le strade di Udine.
“Eluana è morta diciassette anni fa”, aveva detto in quell’alba di martedì scorso, lasciando con sollievo l’ambulanza e quella strana compagna di viaggio che l’aveva devastato, lui, medico anestesista e rianimatore che chissà quante ne deve aver viste in vita sua… Ma dopo una notte ne segue sempre un’altra, e un altro confronto con Eluana, che morta non è e quindi si agita… Passa la prima notte, la seconda andrà meglio – si dice il medico – ma così non è, perché Eluana non pare più la stessa, poche ore fuori casa e qualcosa è già cambiato. Tossisce, Eluana. Tossisce?
Sì, tossisce, e di una tosse che squassa i suoi (forti) polmoni ma forse di più l’udito e le coscienze di chi l’ascolta e non sa che fare. Tossisce, si scuote, quasi si strozza e intanto, proprio come farebbe ciascuno di noi, tende e tirarsi su, cerca aria, solleva le spalle ma non riesce. Dove sono quelle mani che a Lecco sapevano sempre cosa fare? Perché non accorre chi immediatamente compiva quel piccolo gesto che dava sollievo? Eluana tossisce sempre più, una tosse che accenna ad essere ribellione di un corpo, che è richiesta, che è grido. Una tosse che, beffarda, sembra fare il verso a chi dice “Eluana è morta diciassette anni fa”: no, un morto non si agita nel letto sconosciuto. Gli infermieri-volontari provano di tutto, ma appartengono all’équipe di De Monte, conoscono a memoria il protocollo per farla morire, che ne sanno ora dei piccoli gesti che sono propri di una vita, di quella vita? Come si gestisce una “morta” che fa i capricci e nel solo modo che conosce pesta i piedi? Dovevano essere devastati anche loro, l’altra notte, se alla fine si decidono a fare il fatidico numero di Lecco e con nuova umiltà chiedono al medico curante di Eluana: come facevate a farla stare bene?
Il dottore deve aver provato a spiegare come mai in quindici anni non era stato necessario aspirare il catarro (l’incubo dei disabili come lei), avrà indicato al collega le mosse da fare, ma il resto non poteva spiegarlo: accarezzatela, osservate il suo respiro e ascoltate il battito del suo cuore – si erano tanto raccomandati da Lecco quella notte lasciandola partire per Udine –, sono i tre elementi che vi porteranno ad amarla… Ma questo nel protocollo non sta scritto e nessuno lo può insegnare. Questo raccontano tra i sussurri dalla “Quiete”, la casa di riposo in cui la notte è passata agitata un po’ per tutti. Inutile invece chiedere conferme alla clinica di Lecco: medici e suore hanno giurato silenzio e quella è gente che ha una sola parola. Tacciono e pregano. Ma a Udine avevano giurato sul protocollo di morte, mentre quella tosse di vita “devasta” già le prime coscienze.
(Da “
Avvenire” del 6 febbraio 2009, editoriale di prima pagina, di Lucia Bellaspiga).

giovedì 26 febbraio 2009

Crisi e recessione: una nuova etica...solo per economia e finanza?

«È forse giunto il momento di una nuova ed approfondita riflessione sul senso dell'economia e dei suoi fini. ... Un'economia che non consideri la dimensione etica... non può di per sé dirsi neppure "economia", intesa nel senso di una razionale e benefica gestione della ricchezza materiale». Dunque, potremmo pensare ad una dichiarazione di questi giorni, invece era il 1 gennaio 2000 e Papa Wojtyla scriveva un messaggio nel quale affrontava le tematiche del nuovo millennio, e dedicava una parte di questo documento «...all'urgenza di un ripensamento dell'economia».

La dimensione etica.

In ambito finanziario, abbiamo ascoltato molte voci in questo senso: Angela Merkel, al Forum Internazionale dell'economia di Davos, propone una «Carta per un nuovo ordine globale», Nicholas Sarkozy sostiene che «il capitalismo finanziario deve avere un maggior senso etico», e Barack Obama, al momento del suo insediamento quale Presidente degli Stati Uniti d'America, dice: «Renderò il mio governo aperto e trasparente».
Il dibattito si allarga al mondo della scienza dove i continui progressi creano zone d'ombra, complesse da decifrare, che ci pongono problemi etici: siamo rimasti tutti coinvolti nella vita di Eluana e, lei, con il suo silenzio, è entrata nelle nostre "stanze chiuse", cogliendoci impreparati, insicuri delle nostre convinzioni, alla ricerca di risposte.
Certo, Umberto Veronesi, fondatore del primo comitato di bioetica in Italia, propone una «Camera alta per l'etica della Scienza», ma è sufficiente un organismo di riferimento per avere risposte?
Ormai lo sappiamo, il mondo occidentale è in recessione, sembrano passati anni da quando questa parola è entrata nelle nostre case, da quando a fine settembre, nel primo post dedicato alla crisi economica, Carol nel suo commento scriveva: «Etica: questa parola (ormai) sconosciuta...».
I periodi di crisi sono terreno fecondo per cambiamenti ed innovazioni: occorre avere il coraggio di guardare con occhi nuovi il mondo che ci circonda per fare un salto di paradigma, anche etico.
(Immagine: "La creazione dell'uomo" Marc Chagall)

giovedì 12 febbraio 2009

Quale informazione?

La vicenda di Eluana ha aperto un dibattito delicato riguardo la vita, la morte e i valori etico-religiosi.
Con grande fatica, ne abbiamo parlato nel privato; ma anche affrontando l'argomento insieme su People and Dreams, ci siamo interrogati con qualche iniziale difficoltà.
Il tema ci è stato proposto attraverso differenti mezzi di comunicazione (ormai sono tantissimi) e con modalità profondamente diverse rispetto a quelle di qualche tempo fa…
Dunque, quale informazione ieri e quale oggi?
Basta pensare a quando i nostri pensieri venivano scritti su fogli bianchi e le opinioni si scambiavano tra amici, intorno a un tavolo da cucina, per accorgersi di come si sia modificato il modo di comunicare. Si potrebbe credere che i punti di riferimento fossero più certi, ma forse era semplicemente il nostro mondo ad essere più piccolo; così eravamo più sognatori nel confronto con temi meno complessi.
Ora, abbiamo più possibilità di conoscere, leggere, scambiare idee ed informazioni con gli altri; disponiamo di un maggior numero di strumenti, ma non ne abbiamo la completa padronanza.
Spesso, sommersi dalle notizie e "tirati per la giacca" da una parte o dall'altra, ci orientiamo con difficoltà.
Dunque, guardando indietro nel tempo, è inevitabile accorgersi di quanto sia cambiato il modo in cui le informazioni giungono a noi dai “media” e, parallelamente, il nostro accostarci a queste, seguirle e “parteciparvi”…

sabato 7 febbraio 2009

Tre parole per Eluana: amore, diritti e doveri

(In questi giorni sono arrivati molti commenti (e tante e-mail) al post pubblicato 15 giorni fa "Se dovesse capitare, spero ci sia qualcuno di buon cuore..." .

Adesso che questo tema così "privato" si è spostato sul piano politico, vorrei con questo post portarlo nel suo giusto ambito, quello che attiene la sfera personale: non con inutili espressioni di sentimenti, ma con la testimonianza di una mamma che ha vissuto e vive una dolorosa esperienza in prima persona.



Il post di oggi sono le sue parole, così come sono state da lei scritte).

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La cosa più difficile, ma necessaria è amare la vita, amarla anche nella sofferenza. Perché la vita è tutto, la vita è Dio. Amare la vita è amare Dio” (Tolstoj)

Carissima pheqof,
stiamo vivendo in diretta una “tragedia” che continuamente ci viene riproposta da tutti i mezzi di comunicazione.
Sarebbe meglio scendesse “silenzio” su questa situazione che sembra abbia già un finale scontato.
Io personalmente assisto indignata a questa decisione di sopprimere una “vita” che non ci appartiene (per me che ho fede: appartiene a Dio); una vita che per la maggior parte dei ben pensanti non “vale nulla”.
Soffre – non soffre? Comprende – non comprende? etc…
Chi crediamo di essere?
Se siamo veri genitori abbiamo il compito, il dovere di assistere e accompagnare con amore i nostri figli nella gioia, ma soprattutto nel dolore, non abbiamo il compito di sopprimere.
Quando le nostre forze o mancanza di coraggio non ci permettono più di continuare a…”vedere”… lasciamo che altri Angeli proseguano il nostro vegliare che si è fatto fragile di fronte alla…sofferenza.
E questo è un grande e sofferto “atto d’amore”.
Mi sono permessa di scrivere ciò, perché sono mamma che per 30 anni ha vissuto 24 ore su 24 con una figlia ammalata psichica gravissima e che ora da 7 anni seguo in istituto: e cosa vedo? Madre e padri che accudiscono “gli ultimi” che soffrono tanto e tanto! Rarissime volte possiamo accarezzarli ma assistiamo impotenti quando in crisi li vediamo legati o chiusi in camera di sicurezza… e soli!
Dove vado io e mio marito ci sono mille ammalati non più gestibili in famiglia.
Quanti genitori sono in queste nostre condizioni! Eppure siamo sempre lì a fianco di tanto dolore. Ma quanto Amore! Ma quanta gioia quando puoi sfiorare con tenerezza l’”Amore puro” .
Mai pensato di cercare una struttura compiacente (in questi casi, anche a volerlo, non ci sarebbe!) che metta fine a una “vita” che amiamo.
signora “G”
(Questa testimonianza si aggiunge a quella segnalata ieri da Maurizio di Salvatore Crisafulli: loro sono persone che esistono e che si confrontano con questi temi ogni giorno.)


sabato 24 gennaio 2009

Se dovesse capitare, spero ci sia qualcuno di buon cuore...

Ci sono nomi di persone che sono diventati simboli, non rappresentano più solamente la persona, rappresentano qualcosa per la società.
Eluana è uno di quelli.
Se dovesse capitarmi quello che è accaduto a lei, spero ci sia qualcuno di buon cuore che non faccia la scelta crudele di lasciarmi andare via senza un sorso di acqua - adoro l'acqua, fonte di vita.
Spero ci sia qualcuno di buon cuore che faccia almeno quello che abbiamo fatto per Tilly, il mio cane fedele. Quando abbiamo visto che eravamo alla fine, l'abbiamo avvolta in una calda coperta, in braccio e piangendo, l'abbiamo accompagnata - accarezzandola e parlandole - verso la sua meta, senza soffrire e cullata dalle nostre parole di affetto. La sera prima le avevamo dato il suo cibo preferito. Non ci è neppur lontanamente passato per la mente di lasciarla morire di fame e di sete e spero ci sia qualcuno di buon cuore, se dovesse capitare...
Lo so che è un post "difficile" ma qualche coraggioso/a ci sarà, per lasciare un commento?