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domenica 26 settembre 2010

Una nuova meta

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Quando  iniziamo un nuovo cammino verso una nuova meta, non riusciamo a resistere alla tentazione di voltarci indietro.
Allora guardiamo al nostro passato, rivediamo le cose conosciute, ricordiamo i visi noti delle persone che ci hanno accompagnato, ricordiamo le parole che abbiamo sentito e riviviamo, con una certa nostalgia, i momenti trascorsi.

(in fondo al nostro cuore, sappiamo che li stiamo lasciando indietro)

Poi osserviamo intorno a noi: un nuovo paesaggio ci circonda, la meta è lontana e la strada è lunga. Non conosciamo le cose che ci attendono, sappiamo che avremo nuovi compagni di viaggio, le parole che ascoltiamo galleggiano intorno a noi e intravediamo, non senza timore, scenari non prevedibili.

Certezze e sicurezze sono alle nostre spalle, mentre si apre davanti un orizzonte sconosciuto.

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"Prima di affrontare un combattimento importante, un guerriero della luce si domanda: "Fino a che punto ho sviluppato la mia abilità?"
Egli sa che le battaglie che ha ingaggiato nel passato gli hanno sempre insegnato qualcosa. Eppure molti di questi insegnamenti hanno fatto soffrire il guerriero più del necessario. Più di una volta ha perduto il proprio tempo, battendosi per una  menzogna. E ha sofferto per uomini che non erano all'altezza del suo amore.
I vincenti non ripetono lo stesso errore. Perciò il guerriero rischia il proprio cuore solo per qualcosa di cui valga la pena."

Manuale del guerriero della luce, Paulo Coelho

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domenica 25 luglio 2010

I ragazzi di Duisburg e la comunicazione

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Come giustificare quello che è accaduto ieri durante la Love Parade, a Duisburg, come spiegare il trasformarsi di un incontro di musica, danze e allegria in una tragedia incontrollata e soprattutto, come spiegare perchè, mentri molti ragazzi morivano, altri giovani cantavano e danzavano  poco più in là, senza immaginare cosa stava accadendo.
Massenpanik, così i quotidiani tedeschi oggi definiscono quello che è successo a Giulia e a tanti altri ragazzi.




Eppure c'è qualcosa che non funziona nel meccanismo della comunicazione. C'è qualcosa da capire e spiegare, perchè noi utilizziamo mezzi di comunicazione che ci consentono di conoscere in tempo reale quanto accade nel mondo.
Sappiamo cosa avviene nell'altra parte del pianeta, non se qualcuno muore a poca distanza dallo svolgersi di una festa.

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sabato 22 maggio 2010

Cuore di Edmondo De Amicis, un blog di fine Ottocento

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"Un perfetto blogger..." ho pensato, guardando oggi una vecchia edizione del libro  "Cuore", con le illustrazioni di Frigerio e Rizzato, stampata nel 1959 in occasione del cinquantenario della morte di Edmondo De Amicis.

(Avevo ricevuto il libro "Cuore" in regalo dai miei genitori: l'ho letto e sfogliato molte volte e le  immagini suscitano sempre nuove sensazioni e nuovi ricordi.)

Scrive De Amicis nella brevissima prefazione: "...si potrebbe intitolare: Storia d'un anno scolastico, scritta da un alunno di terza d'una scuola municipale d'Italia....Egli notava man mano in un quaderno, come sapeva, quello che aveva visto, sentito, pensato, nella scuola e fuori..." .
 
Ogni capitolo è un mese, da ottobre a luglio: la prima annotazione "lunedì, 17" si intitola "Il primo giorno di scuola". Con cadenza mensile, oltre ai suoi appunti, l'autore presenta un  racconto, che verte  intorno alla figura di un personaggio adolescente.

Racconti d'altri tempi.
La storia di Giulio, il piccolo scrivano fiorentino, che copiava nottetempo indirizzi su mucchi d fasce bianche "rifacendo appuntino la scrittura di suo padre", per aiutarlo di nascosto ad aumentare gli scarsi guadagni.
"Centosessanta ne scrisse: una lira! Allora si fermò, rimise la penna dove l'aveva presa, spense il lume, e tornò a letto, in punta di piedi".
Il racconto del ragazzo in viaggio su un piroscafo francese, "mal vestito, solo, che se ne stava sempre in disparte, come un animale selvatico..." che riceve l'elemosina da alcuni viaggiatori stranieri; "Erano una piccola fortuna per lui quei denari", poi sente i loro commenti sprezzanti sull'Italia e gli italiani e "una tempesta di soldi e di mezze lire si rovesciò sulle loro teste e sulle loro spalle, e saltellò sul tavolo e sull'impiantito con un fracasso d'inferno. "Ripigliatevi i vostri soldi...io non accetto l'elemosina da chi insulta il mio paese".

Parole d'altri tempi, come l'invito che il maestro Perboni rivolge ai suoi ragazzi all'inizio della scuola: «Mostratemi che siete ragazzi di cuore».

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venerdì 23 aprile 2010

Siamo tutti migranti


“Siamo tutti migranti. Stiamo permanentemente abbandonando una terra per trasferirci altrove” afferma Christina de Caldas Brito.
Ed è proprio così, il distacco è un’esperienza ineliminabile dalla vita umana: lungo il proprio percorso, ciascuno di noi deve scontrarsi con questa realtà e affrontarla, perché ogni cambiamento consiste nell’abbandonare una situazione nota, familiare e trovarsi in una nuova, diversa condizione.
Ogni mutamento, dal più grande al più piccolo, incide inevitabilmente sulla nostra persona, sul nostro essere. Siamo portati ad ogni passo, a confrontarci con noi stessi, ad adattarci a situazioni a volte non gradite e a trovare la forza di affrontarle ed accettarle, in alcuni casi, anche senza poterle comprendere.
Hesse sostiene: “La linea essenziale del nostro destino è fatta di queste esperienze che nessuno vede” perché avvengono all’interno, nel profondo del nostro animo e sono invisibili agli occhi della maggior parte delle persone ma si manifestano, di fatto, nella più profonda essenza. Le esperienze che viviamo ci determinano e ci modificano ed è proprio attraverso il distacco e il cambiamento che, a poco a poco, possiamo comprendere chi siamo veramente.
“Era….la prima crepa nei pilastri che avevano sorretto la mia vita infantile e che ogni uomo deve abbattere prima di diventare se stesso.” Ogni volta che quei pilastri vengono scalfiti ci sentiamo soli a dover affrontare il mondo, a dover trovare la nostra strada ed è come se una parte di noi stessi morisse assieme ad un ricordo smarrito, ad una persona cara scomparsa, ad un luogo abbandonato nell’oblio della memoria. “Assaggio la morte che ha un sapore amaro perché è nascita, angoscia e paura di un tremendo rinnovamento.”
Ed è in quei momenti che tutto ciò che prima ci pareva familiare viene percepito come qualcosa di estraneo, diverso e, per certi aspetti, ignoto. Si apre uno squarcio dentro di noi che spesso è difficile ricucire. Quando ad esempio ci allontaniamo dal nostro ambiente e partiamo per un viaggio, più o meno lungo, che modifica profondamente la nostra interiorità, la nostra visione delle cose, al momento del ritorno veniamo pervasi da una sensazione particolare, ci sentiamo estranei visitatori di quella che un tempo chiamavamo “casa”. Nulla è cambiato in quel luogo, ma tutto è cambiato dentro di noi. Non sempre è possibile ricucire quello strappo; come sostiene Christiana de Caldas Birto, però, “gli ostacoli possono trasformarsi in occasioni di crescita” perché è proprio quando ci sentiamo persi, estraniati dal mondo che ci circonda, che siamo spinti alla ricerca di noi stessi, troviamo, dentro di noi, nuove energie, una nuova forza che ci permette di ricostruire quella parte di cuore che temevamo di aver perso per sempre e, così, come nel viaggio secondo la visione di De Chirico, giungiamo “ad una probabile conquista…un nuovo arrivo e subito dopo una nuova partenza”. Non si finisce mai di ricercare la propria identità, di conoscere se stessi: c’è sempre qualcosa da scoprire nel profondo del nostro animo. Ed ecco che De Chirico ci ripropone il mito di Odisseo, che “ricerca se stesso attraverso la peregrinazione e la perdita di tutto, tranne che della memorie.”
Poiché è grazie al ricordo che ogni esperienza vissuta può essere sottratta all’oblio e valorizzata. I luoghi in cui ci siamo recati, le sensazioni e le emozioni vissute, i gesti e gli sguardi delle persone a noi più care che abbiamo perduto e appartengono al nostro passato, continuano a vivere nella nostra memoria ogni volta che vengono ricordati.

Nulla è perduto, ogni istante vissuto ci ha modificati e, per questo motivo, vive con noi, in noi, in ogni nostro gesto e in ogni nostra parola, ci accompagna in ogni viaggio, quando, pur sentendoci soli e persi, non possiamo rinunciare a quell’istinto di partire, di conoscere nuovi luoghi e nuove persone. Ed è così che, forse, siamo un po’ meno soli.


(autrice del post: "Diciannove")
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venerdì 2 aprile 2010

Le praterie e i caminetti

"Il mondo intorno a noi sta cambiando.Siamo pronti a dare una mano. Ma basta coi caminetti. Parliamo di praterie"
Con poche parole semplici  Matteo Renzi ha avuto ieri il coraggio di lanciare un messaggio a nome delle nuove generazioni.

L'anno scorso avevo parlato di Matteo Renzi qui, portandolo come esempio dei giovani in politica.
Nel corso dell'ultimo anno  abbiamo avuto modo di conoscerne altri:  Roberto Cota, Debora Serracchiani, Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Giuseppe Civati,  loro parlano una lingua nuova.

"Noi abbiamo la forza, la determinazione e la serenità per non farci intimorire" è il commento di Cota agli episodi di violenza la vigilia elettorale e Debora Serracchiani spiega i motivi del voto regionale dicendo: "Ci sono più spazi da conquistare che disillusioni da lasciarsi alle spalle".
"Noi siamo un Parlamento e non un museo dove conservare oggetti ammuffiti" dice Matteo Salvini, mentre Giorgia Meloni parla dei giovani "Si racconta solo il lato buio dei nostri ragazzi, l’alcool, la droga, non il talento, il sacrificio."
Giuseppe Civati, dopo la vittoria, scrive sul suo blog con grande semplicità: "Ho ricevuto centinaia di messaggi e di chiamate. Molti non mi hanno votato, né fatto votare, ma una volta eletti è decisamente più facile ricevere gli endorsement. Sulla rete serpeggiano candidature, nell'ordine, a: sindaco di Milano, segretario regionale, candidato premier. Forse è il caso di darsi una regolata. Ascoltate Trevor. Prima ci vuole la relazione, poi ci vuole il movimento, infine si trova il leader che la interpreti."

Loro parlano una lingua nuova,  e spiegano il loro pensiero, la loro visione del mondo. Un mondo che sin da ora non appartiene  a coloro che siedono davanti ai caminetti.
Un segnale per la politica, l'informazione, l'architettura, il giornalismo, la ricerca ed il mondo imprenditoriale, in fondo un segnale per tutti noi.




domenica 13 dicembre 2009

Anche gli asini insegnano

La lettura della storia di Soriano, un maestro di Nueva Granada in Colombia, ha accompagnato il mio caffè della domenica mattina: una volta alla settimana, con l'aiuto di due asinelli, Luis Humberto Soriano porta i libri che gli serviranno per insegnare, ai bambini dei villaggi sperduti del dipartimento rurale di Nuova Granada.
I due asini si chiamano Alfa e Beto.

Il 2010 è alle porte: qui la cultura arriva digitale e sotto i nostri alberi di Natale troviamo sempre più oggetti tecnologici, pronti all'uso.
Anche se a noi sembra di altri tempi, è una storia di oggi: Alfa e Beto, asini ma "portatori" dei libri che il maestro Soriano leggerà ai bambini, danno il loro contributo all'educazione delle nuove generazioni.

venerdì 13 marzo 2009

Non è un paese per giovani...

Nei giorni scorsi ho avuto uno scambio di idee sulla figura dei giovani del nuovo millennio, con una ragazza di diciotto anni, e nell'ultimo post il tema è stato toccato nei commenti. Vi propongo (con il permesso della ragazza che li ha scritti) alcuni spunti.

"I giovani rappresentano la speranza per il futuro e la più grande risorsa della società. Senza dubbio, però, il loro ruolo nel contesto della collettività risulta al giorno d'oggi estremamente controverso."
"E' facile vedere nei giovani d'oggi dei moderni "Peter Pan", che vivono di sogni, progetti, ma sfuggono la responsabilità. Si potrebbe vedere contraddittoria la richiesta da parte di questi stessi giovani di autonomia e libertà. A mio parere questo contrasto è solo apparente. "
"I giovani chiedono indipendenza ed autonomia, ma non vogliono crescere; domandano maggiore libertà e vogliono far sentire la propria voce, ma da giovani fra gli adulti"
"Per affermare sè stessi nella società sono necessari coraggio e determinazione."
Ma siamo un paese per giovani?
ovvero
quale futuro per i giovani?

Poco tempo fa, Francesco scriveva in un commento su People and Dreams :
"... facendomi conoscere fin da piccolo cosa significa lavorare per realizzare un progetto.”

Quali progetti per i giovani?
ovvero
quali sogni per i giovani?


(Last Update 15/03/2009)

lunedì 9 marzo 2009

Matteo Renzi e la ricerca dell' Obama italiano

"L'Italia ha trovato il suo Obama?", con questa domanda il Time presenta qualche settimana fa la sua proposta-risposta: Matteo Renzi, il più giovane Presidente di Provincia in Italia. Ha appena vinto le primarie di centrosinistra per la candidatura a Sindaco della città di Firenze, con lo slogan "Facce nuove a Palazzo Vecchio".

Giovane, ma con le idee chiare, spiega che "unisce più il futuro che farsi le pulci sul proprio passato" e che nulla cambierà "se i giovani stanno fermi in un angolino".

Comunica con gli elettori con il suo blog "A viso aperto", ed ha preparato un libro in pdf, con lo stesso titolo - di cui si può fare il download - velocissimo - che è un ritratto in "viva voce": parla degli avversari con rispetto, ricorda Graziano Grazzini, capogruppo dell'opposizione a Firenze, scomparso da poco, come "tagliente e tenace oppositore, ma anche amico vero. Nonostante la politica, a prescindere dalla politica e oltre la politica", scrive che "uno che fa il Presidente della Provincia firma un sacco di cose", ma quando si tratta della prima pagella di suo figlio Francesco "è difficile dirvi come tremi la mano... Altro che delibere...", non nutre illusioni sulle pensioni e circa i sindacalisti che urlano "Le pensioni non si toccano" commenta "non solo non le toccheremo. Ma manco riusciremo a vederle da lontano".

Dunque, anche nella nostra politica ci sono persone giovani...
Non perdiamo la speranza, in Italia ne abbiamo molte....
e ne conosceremo presto altre,
voi che ne pensate?

(Last Update 10/03/2009)

mercoledì 19 novembre 2008

Non avere più vent'anni non ha prezzo

La pubblicità immagina i giovani.

Il bellissimo spot di Mastercard ci fa pensare e sognare una visione alternativa:

ci sono cose che non si possono comprare e avere vent'anni non ha prezzo.........

venerdì 10 ottobre 2008

Viva la Vida

Leggete cosa scrivono i ragazzi in rete di "Viva la Vida" - pezzo pop rock che spopola da qualche mese - e vi ricrederete sulle opinioni riportate da molti giornali circa la mancanza di pensiero critico delle nuove generazioni.

I brani musicali sono un mezzo di comunicazione, sono forma espressiva, vanno ascoltati, interpretati e discussi. I giovani, utilizzando l’inglese come lingua di confronto, trasformano una canzone in icona, rendono "Viva la Vida" una candidata perfetta all'elezione di rappresentante dei loro sentimenti.

Ambientata in un passato remoto, usa metafore e simboli legati a tradizioni comuni, viene riconosciuta in epoche diverse, in paesi diversi, unisce l’immagine della copertina e del video al titolo - la frase scritta nel quadro che Frida Kahlo ha dipinto otto giorni prima di morire, colpita da mali fisici ma non domata - che insieme rappresentano la lotta di ogni giorno contro i mali del nostro tempo.
Questo l'avvio, accompagnato dai violini:
“I used to rule the world, - Io dominavo il mondo
I used = quello che si faceva una volta (ed ora non si fa più)
Now in the morning I sleep alone - Sweep the streets I used to own – Ora al mattino dormo da solo - spazzo le strade che una volta erano mie.”

I giovani non si limitano a commentare la musicalità del pezzo e il significato del testo: spaziano dall’interpretazione dei simboli (cristiani, cattolici, romani) , all’identificazione dei personaggi (da Napoleone a Bush, con faccine elettroniche sorridenti), fino ai riferimenti storici (dall’impero romano alla rivoluzione francese).

Scrivono, proviamo a leggerli qualche volta. Per loro trionfo e caduta sono eventi scontati, passato e presente si sovrappongono, loro ci presentano visioni e interpretazioni diverse e nuove di quanto accade nel mondo in questi giorni.

I giovani guardano già avanti, Viva la Vida - http://www.coldplay.com/vivavideo1.php

(Immagine: La Libertà che guida il popolo - Eugène Delacroix)

lunedì 22 settembre 2008

I giovani possono reinventare il futuro (2)

I giovani possono reinventare il futuro.
Nella parola "reinventare" c'è lo spirito della frase, perchè le nuove generazioni - come le nuove nel passato - devono reinventare l'ipotesi di futuro che viene loro lasciata da quelle precedenti.
Questa "ipotesi di futuro" ha in sè una visione distorta dagli avvenimenti del presente e del recente passato e quindi va modificata,va cambiata, e lo possono fare solo i giovani.


Non credo nella definizione di "disimpegno delle nuove generazioni": anche quello che viene percepito come un silenzio è in realtà un segnale, i giovani guardano e reinventeranno il loro futuro.


(Immagine: "Reinventareilfuturo"
Archivio immagini digitali People and Dreams)

mercoledì 13 agosto 2008

I giovani possono reinventare il futuro - Tiziano Terzani

Ascoltare e leggere Terzani è un pò una lezione di vita.


"..dobbiamo cominciare a pensare in maniera nuova, ad avere reazioni nuove a certe azioni. I giovani vogliono avere speranza, i giovani sono nati per sperare, ai giovani il nuovo non fa paura e i giovani possono reinventare il futuro. Gliel’abbiamo tolto di mano. Ai giovani avevamo promesso un futuro di New Age, la nuova era, l'era dell'acquario, il benessere, la felicità, la fratellanza. E guarda cosa gli abbiamo messo davanti: le torri… perché così è l’uomo: Bush, i musulmani, i non musulmani, alla fine siamo tutti umanità, per cui le torri, l’orrore criminale delle torri siamo noi e l’orrore criminale delle bombe siamo noi. Ai giovani non possiamo togliere la speranza, dobbiamo dire qualcosa di nuovo, dobbiamo dire che forse questa è la buona occasione, perché l’abbiamo visto tutti quanto è orribile. Non è come la bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki di cui leggemmo, di cui vedemmo una fotografia, di cui ci è stato raccontato a scuola. Questo tutto il mondo l’ha visto non una volta ma dieci, cento volte dinanzi. Ed era facile immaginarci che a quella orribile violenza noi, dico noi tutti, gli americani, l’Occidente, avremmo reagito con una uguale e forse superiore violenza e che gli altri, prima o poi, risponderanno con una superiore violenza e noi andremo ancora con la violenza . E alla fine? Rimarrà qualcuno ancora ad usare la violenza? Non è questa una buona occasione per fermarci riflettere e prendere un’altra via, quella della non violenza, reinventando i modi della non violenza?
(intervista a Tiziano Terzani di Luciano Minerva, Firenze, 2002)

(Immagine: "Futuro"
Archivio immagini digitali People and Dreams)